A Capotavola del Mondo

di Lorena Carrara

4 gennaio 2021

Cosa pensereste se veniste invitati a un convito in cui un uomo vi accogliesse seduto a capotavola e intanto un altro sbraitasse dal salotto che il vero padrone di casa è lui? Immagino che, come minimo, vi sentireste un po’ a disagio nell’accomodarvi e l’imbarazzo si impadronirebbe di voi, nonostante il rassicurante sorriso del vostro ospite. Ancora una volta ci troviamo di fronte a un esempio di quanto, attraverso la simbologia della tavola e delle pratiche alimentari, filtrino altri significati.

Circondato alla giusta distanza da collaboratori perfettamente immobili, immerso in un set blu cupo che restituisce un certo senso d’inquietudine, il 24 novembre 2020 il presidente neoeletto Joe Biden annuncia le nuove linee d’azione in politica estera, dichiarando: “l’America è tornata, pronta a guidare il mondo e a sedere ancora una volta al posto di capotavola”.

https://www.france24.com/en/americas/20201124-america-is-back-says-biden-as-he-introduces-new-national-security-team

Tutto questo mentre l’ex presidente (non ancora uscente a due mesi di distanza) pretende il riconteggio dei voti, rifiutandosi di riconoscere la vittoria dell’avversario.

Secondo i commentatori la metafora è evidente. Sedere a capotavola significa tornare a confrontarsi con i leaders degli altri paesi, stare a consesso con loro e accettare un confronto, al contrario di ciò che è avvenuto durante la presidenza Trump che, a suo tempo, si era alzato e se ne era andato sbattendo la porta. A ben guardare, però, la metafora va ben oltre.

L’immagine del capotavola rimanda immediatamente a quell’idea di famiglia americana tradizionale, modello anni Cinquanta, in cui il padrone di casa – di solito benestante, maschio e bianco – ha il ruolo indiscusso di tagliare il tacchino per offrirlo ai suoi ospiti. È lui lo scalco che fa le parti e le distribuisce ai commensali, in tagli e parti diseguali, in ordine di importanza, secondo una gerarchia che si struttura immediatamente nel momento in cui ognuno prende posto.

L’unica tavola fondata su criteri di uguaglianza è quella rotonda, perché – la semiotica dello spazio è evidente – i convitati vi si dispongono alla pari, equidistanti dal centro, senza che possa esser rintracciato un primo o un ultimo, un posto d’onore e uno di minore importanza. La tavola rotonda, purtroppo, è passata di moda negli anni Settanta e quella quadrata, poco funzionale, non è mai stata di impiego diffuso.

Dai banchetti rinascimentali alla più recente Business Etiquette, invece, la struttura gerarchica di quella rettangolare (o ovale) è lapalissiana. Direttamente da uno dei tanti blog dedicati al bon ton contemporaneo (sottolineo, contemporaneo):

I padroni di casa siedono a capotavola. L’uomo darà le spalle alla porta. La donna, in mancanza di personale di servizio, siederà al posto più vicino alla cucina. La padrona di casa avrà alla sua destra l’ospite maschio di riguardo ed alla sinistra il secondo uomo per importanza. Il padrone di casa avrà alla sua destra l’ospite donna di riguardo ed alla sinistra la seconda donna per importanza. L’importanza dell’ospite può essere dettata da diverse motivazioni: anzianità, nobiltà, simpatia oppure se l’ospite è presente per la prima volta. In caso di parità di condizioni e rango sociale prevale la regola dell’anzianità. Durante l’evento i padroni di casa avranno il compito di moderare la conversazione. Saranno sempre vigili affinché tutti gli ospiti siano coinvolti e siano a proprio agio. Attenzione a non fare sedere vicino persone che non hanno simpatia tra di loro; se c’è uno straniero fatelo sedere accanto a qualcuno che parli la sua lingua. Per i più piccoli solitamente si predispone un tavolo a parte.

http://alezionedibonton.blogspot.com/2013/03/a-tavola-lassegnazione-dei-posti.html

Fuor di metafora, è evidente che i commensali ammessi al convito non abbiano tutti lo stesso peso. Ci sono ospiti d’onore e di rappresentanza, ci sono diritti acquisiti e altri fortunosamente conquistati, persone che è meglio tenere separate e altre che è opportuno avvicinare, infine bisogna prevedere fastidiosi inconvenienti ed evitare che si verifichino. A questo scopo, un vero padrone di casa deve conoscere tutto dei suoi ospiti, le fobie e le predilezioni, i difetti e le doti, così da poter armonizzare l’insieme, guidando il pranzo come un esperto direttore d’orchestra. Se c’è qualcuno a capotavola che offre le proprie sostanze, che accoglie in casa propria, che dà o toglie il diritto di parola, che sceglie gli argomenti, è ovvio che i rapporti non possano essere alla pari (per età, genere o classe), ma che, per tutelare l’armonia del banchetto, tutti debbano sottostare alle regole.

C’è un bel racconto di Tolstoj che può essere utile a comprendere quanto possano essere stringenti le leggi non scritte che regolano il convito, e altri stupendi brani di Calvino, Tomasi de Lampedusa e Manzoni confermano come il menu e la successione delle pietanze riflettano l’ideologia dell’ospite e fino a che punto i commensali siano obbligati ad accettarla, a meno che non vogliano passar per villani.

La padrona di casa, dal canto suo, dovrà gestire con garbo la conversazione e tenersi vicina alla cucina, per ogni necessità. Meglio, poi, far riporre con cura le borse delle signore in un apposito locale… Non sia mai che si verifichi la fastidiosa evenienza di dover sospettare di qualcuna di loro a fronte di un’illecita sottrazione d’argenteria. Alcuni, i più piccoli, saranno messi a sedere in un tavolo a parte, esclusi dalla conversazione degli adulti e dunque, di fatto, privati del diritto di parola, come la loro infanzia ha tragicamente inscritto nel nome.

Nelle case più lussuose c’è anche il personale domestico. Individui invisibili che lavorano in luoghi nascosti e che, per ovvie ragioni, non hanno diritto di prender parte al convito. La classe del padrone di casa emerge anzi quand’essi si fanno notare il meno possibile, strisciando lungo i muri, confondendosi abilmente con la tappezzeria, muovendosi impercettibili per la sala e comparendo solo al momento del bisogno, a versare un calice di prezioso nettare da sorseggiare.

Intorno alla tavola non c’è bisogno di chiarire i ruoli. Essi sono già evidenti nel momento in cui prendiamo posto, ci conformiamo agli usi adottati dal padrone di casa, accogliamo con un sorriso ciò che ci viene prodigalmente offerto, sottostiamo alle regole per non apparire incivili e non andiamo oltre i limiti, nelle pretese o nelle parole.

Attenzione alle metafore, allora! E, riflettendoci, forse sarebbe meglio andare tutti insieme in un localino alla buona, pagando alla romana.

Bibliografia e sitografia

C. Lévi-Strauss, Le origini delle buone maniere a tavola. Mitologica 3, Milano, Il Saggiatore, 1971.

L. Carrara, Intorno alla tavola: Cibo da leggere, cibo da mangiare, Codice Edizioni, Torino, 2013.

I magnifici apparati, introduzione di C. Acidini Luchinat, testi di J. Bentini, P. Curti, R. Rinaldi, A. Stanzani, Rolo Banca, Milano, 1998.

https://www.france24.com/en/americas/20201124-america-is-back-says-biden-as-he-introduces-new-national-security-team

https://www.theguardian.com/us-news/2020/nov/26/biden-america-is-back-foreign-policy-diplomacy

http://alezionedibonton.blogspot.com/2013/03/a-tavola-lassegnazione-dei-posti.html

Lascia un commento